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di Philippe Garrel, con Lou Castel, Jean-Pierre Léaud, Johanna Ter Steege
(Francia, 1993)
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Paul è attore, Marcus scrittore. Paul vive con Fanchon per via dei due figli, ma ama Ulrika. Marcus è innamorato di Helène, che pero' non lo ama più'. Stanze d'albergo, appartamentini miseri, caffè pieni di fumo, e tante strade cittadine. Di questo mosaico contemporaneo banalmente normale, Garrel non fa una costruzione meticolosa, come farebbero Rohmer o Resnais. Ma uno specchio, nel quale riflettere infinite immagini - non sempre dissimili - di sé stesso. Cinema autobiografico, cinema sull'attore colto nell'intimità del gesto , nella sua solitudine, nel suo bisogno di affetto, espresso liberamente, senza ritegno. Quasi la cinepresa non gli stesse accanto, a spiarne ogni sussulto . Cinema di cinquantenni che, dai tempi della Nouvelle Vague, continuano ad esprimersi nello stesso bianco e nero, denso di rinvii ormai storici. Ma con meno intellettualismo, e crescente sincerità: una voglia di dire che conferisce alle immagini quell'emozione, quella fragilità, che a quell'epoca era giocoforza nascondere sotto l'aria disincantata del tempo.
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Il film in Internet (Google)
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Per informazioni o commenti:
info@films*TOGLIEREQUESTO*elezione.ch
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capolavoro
da vedere assolutamente
da vedere
da vedere eventualmente
da evitare
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